Renato
Zero, di Giovanna Sica, articolo pubblicato sulla rivista Confidenze, Stile
Italia Edizioni, n.41 28 settembre 2021
“Mi presento
così/ Così come mi vedi/ Spoglio di vanità/ Non nascondo segreti/ Io mi adatto
se vuoi/ Quando si parla d’amore/ Io do il meglio di me/ Io mi faccio
apprezzare”, L’amore sublime.
Che tu ti
sia fatto apprezzare, caro Renato, non ci sono dubbi, e nemmeno che abbia
indossato tante vite. Però, adesso, come faccio io a stringerti in due fogli?
Proprio non ci stai, con le tue 500 canzoni, con il tuo carrozzone di
inquietudine, sogni, travestimenti e trucchi. Con tutte le volte che sei stato
il primo a fare la rivoluzione in questo Paese, a fermare il tempo e a
ripartire…da Zero.
E allora ti
racconterò per lampi e sgraffi, attraverso le cose che so di te che più hanno
contribuito, secondo me, a fare di Renato Zero una leggenda vivente.
So che fra
un po’, il 30 settembre, è il tuo compleanno, che nasci a Roma nel 1950, figlio
di Domenico e Ada, e che, piccino piccino, a causa dell’anemia emolitica
neonatale, per curarti ti cambiano tutto il sangue che hai nelle vene. So che
frequenti fino al terzo anno l’Istituto di Stato per la cinematografia e la
televisione Roberto Rossellini, ma poi lasci perché bruci dal desiderio di
esibirti su un palco. Adolescente inizi a travestirti per esibirti nei locali
romani, e per tutta risposta agli odiatori, che purtroppo son sempre
esistiti, che ti dicono che sei uno zero, tu decidi che quel numero cardinale
diventerà la tua cifra, che in quel cerchio si uniranno a te tutti quelli che
sentono la tua stessa solitudine, l’inquietudine di vivere. Al Piper s’accorge
di te Don Lurio e ti mette a ballare con i Collettoni per Rita Pavone; in quel
gruppo incontri Loredana Bertè e grazie a lei diventi amico anche di sua
sorella Mimì (Mia Martini). Tutti e tre girate la Penisola a bordo di una Seicento;
giovani, folli, senza una lira in tasca e con tanta voglia di cantare. So che agli
esordi della tua carriera siete tu e Orazio, il tuo furgone celeste; fai tutto
da solo. Una volta, a Tortoreto Lido, quando la proprietaria del locale in cui
devi cantare ti chiede dov’è Renato Zero tu menti spudoratamente: “È in
albergo, sta riposando”.
Il tuo primo
album in studio, No! Mamma,no! è del 1973 e che la tua Madame, tre
anni più tardi, è il primo pezzo dance italiano, è Vasco a lanciarla da Punto
Radio, dalla sua Zocca.
“Quante
volte ho guardato al cielo? / Ma il mio destino è cieco e non lo sa/ E non c’è
pietà / Per chi non prega e si convincerà/ Che non è solo una macchia scura/ Il
cielo” Il cielo. È
il 1977 e tu con Zerofobia, quarto album in studio, ottieni un successo
enorme. So che tuo papà muore nel 1980 e tu gli dedichi Tregua, e che nella
sua ultima notte terrena ti racconta la sua vita, e tu accogli le sue parole
come un dono immenso: entrare in confidenza con lui all’ultimo confine, anche
se lui, secondo te, è già dall’altra parte, e ricorda la sua vita terrena con i
suoi cari appena ritrovati, però in quell’estremo abbraccio fra la vita e la
morte vuole te.
Il primo
dicembre del 1981 tiri fuori Artide e Antartide, è il disco più venduto
dell’anno e contiene canzoni di denuncia sociale. L’anno dopo nell’album Via
Tagliamento 1965-1970 c’è una canzone, Contagio, che anticipa di
quasi 40 anni un futuro distopico … “Che nessuno esca dalla città/ Guai a
chi s’azzarda a guardare laggiù/ Oltre quel muro, oltre il futuro/ L’epidemia
che si spande/ L’isolamento è un dovere oramai/ Dare la mano è vietato, se mai/
Soltanto un dito e l’errore sarà punito”. A metà degli Anni ’80 metti via
costumi e colori eccentrici e cominci a vestirti di nero. Con Spalle al muro,
1991, Festival di Sanremo, ricevi la standing ovation del pubblico e ti
classifichi secondo. L’anno dopo inizi a occuparti del tuo grande sogno, Fonòpoli,
un’associazione culturale che promuove l’occupazione dei giovani nel mondo
dell’arte e dello spettacolo, una cittadella della musica. “Tutti vogliono
tutto per poi accorgersi che è niente/ Noi non faremo come l’altra gente/
Questi sono e resteranno per sempre…” I migliori anni della nostra vita, una
delle tue canzoni di maggior successo è del 1995, che poi è l’anno che si porta
via l’amica Mimì; so che tu appena apprendi la notizia della sua morte telefoni
a Loredana e le dici di non accendere la tivù e corri subito da lei. “Dov’è Mimì/ Dagli enormi cappelli/ Che
folli giorni quelli/È ancora lì/ Che suona il suo piano/ Il canto suo/Perfetto
richiamo”, La grande assente.
Il tuo album che ho più a cuore è Amore
dopo amore (1998) perché contiene le tue due canzoni che preferisco: Mi
ameresti (Mi ameresti. Non provarci perderesti/ Da una vita stravissuta che ti
aspetti/ Noi non siamo tutti uguali/ Ma l’amore non lo sa/ E fa danni
devastanti ovunque va) e Dimmi chi dorme accanto a me (Amori brevi amori
insoddisfatti/ Spero che non vi rivivrò mai più/ Ma non c’è amore che non ha
difetti…/ Dove sei, dove sei, dove sei!). Quando parli di amori spezzati
raggiungi un’intensità che è solo tua, lo struggimento di chi sa di cosa sta
parlando. Nel 2003 adotti legalmente Roberto e gli dedichi Figlio. So
che sei il primo in Italia a pubblicare un disco senza affidarsi a nessuna casa
discografica per la distribuzione; l’album è Presente, l’anno è il 2009.
Zerolandia,
Zerofobia, EroZero, Identikit Zero, Zero, Sei Zero, Zerovskij, Zero il folle…torna sempre nella tua carriera il
numero da cui sei partito, diventa un’ossessione, una forma di riscatto
collettivo, la ribellione tua e della tua gente, di Tutti gli zeri del mondo
(titolo di un tuo programma televisivo del 2000).
Fra
settembre e novembre 2020 esce il tuo ultimo lavoro, ZeroSettanta, un triplo
regalo che fai a te stesso e ai tuoi fan per i tuoi settant’anni. Di queste 39
bellissime canzoni le mie preferite sono L’amore sublime e La carezza,
dedicata a Ada e Virginia, le tue nipoti. Sul secondo cd della trilogia scrivi: “Eccolo,
lo Zero che ho scelto di essere. Sfrontato e sensibile. Scrupoloso e sognatore.
Ruvido per difetto. Accomodante per eccesso. Quante volte sono stato Zero e
quante altre Renato? Chi può dirlo? Posso però affermare con certezza che in
due, ne hanno combinate di tutti i colori, “Insieme”. E di questi tempi
festeggiano le loro nozze d’oro. Ce l’hanno fatta a rimanere saldi e
propositivi… non si lasceranno più”. Signor Fiacchini (cognome all’anagrafe
di Renato Zero), io so, anzi, sento che tu sei stato profondamente vero, sia
nei panni di Renato che in quelli di Zero, e che con te questo numero ha
cambiato faccia, per sempre.