venerdì 4 novembre 2016

Edicola Fiore

La Locanda di Giò, rubrica del settimanale Confidenze tra amiche, Mondadori

-Edicola Fiore- di Giovanna Sica




La Locanda è tutta accesa dalle cinque di questa mattina.
Ho chiamato a raccolta le mie amiche: c’è tanto lavoro da fare oggi: avrò l’onore di ospitare l’Edicola Fiore. Fiorello! Ho preparato caffè e cappuccini per tutti. Ho fatto i biscotti, i muffin ai mirtilli e fra un po’ metterò in forno la mia specialità: la crostata alla Nutella!
-Allora! Buongiorno a tutti, ma quanti siete, dove ve ne stavate stipati, dentro la dispensa? Giò, grazie di questo invito, lo sai, mi sembra di esserci già stato in questa tua Locanda- esordisce il mattatore siciliano.
-Rosario, magari ci sei passato tanto tempo fa, quando eri il re del karaoke italiano. E comunque, averti qui, che grande gioia!-  assicuro al mio ospite abbracciandolo, - sistematevi come volete, io vado in cucina a cuocere la crostata-.
Ieri sera ho impastato un uovo intero e due rossi con lo zucchero. Poi ho aggiunto la farina, un mezzo cucchiaino di lievito e il burro. Ho fatto una palla, l’ho avvolta nella pellicola alimentare e l’ho messa in frigo. Ora la tiro fuori, la stendo allo spessore di mezzo centimetro, bucherello il fondo con una forchetta e poi tanta Nutella a riempire. E anziché decorare con le losanghe classiche, ci scrivo sopra con lettere di pasta frolla: “ Benvenuta #EdicolaFiore”.
Intanto, sento frusciare risate e canzoni fra i tavoli della Locanda, e poi una grande trepidazione: sta arrivando il politico che tutti amiamo in questo Paese…
-Edicola- strilla Fiorello, -tutti in piedi, ah, siete già in piedi! Meloccaro, mio compagno di conduzione, mi sa che ci dobbiamo alzare solo io e te: standing ovation per Fante Stella, presidente della regione Lolla!- e parte  fragoroso l’applauso dalla sala.
–Caro Fante, siamo onorati di averti con noi- continua il presentatore –ci sono più fan per te stamattina che manco quando è venuto Mengoni, eppure, non sei proprio un gran figo come me! Ti faccio subito la domanda che vorrebbero rivolgerti tutti gli italiani: trent’ anni di politica e nemmeno un avviso di garanzia, come hai fatto?-.
-Ho fatto semplicemente il mio lavoro- risponde tranquillo l’uomo in giacca blu.
-Trent' anni di politica e le persone continuano a fermarti per strada per stringerti la mano, come è possibile?-.
-Cerco sempre di mettermi nei panni di quelli che rappresento-.
-Trent’ anni di politica e non ti sei fatto manco una villa con piscina, un bilocale al mare, una macchina sportiva, una cravatta costosa, niente di niente. Ma chi te l’ha fatto fare, allora?-.
-Nessuna villa a mare sarebbe mai potuta essere più gratificante dell’affetto della gente-.
-Ma quest’uomo è un santo, non un politico! Bisogna cercare nel calendario un giorno libero per dedicartelo! Però, sai Fante, questo tuo essere troppo buono, troppo onesto, non suscita solo ammirazione… Mi dicono che abbiamo in collegamento la sindaca Lura Sura da Spassonia; signora Sura, buongiorno, come mai ci ha telefonato?-.
-Fiorello, la smetta con questo inganno! Fante Stella non esiste, non è vero, è una sua creatura immaginaria- attacca la donna.
-Ma come non esiste, è qua in mezzo a me e a Meloccaro! Se vuole lo faccio toccare alla Signora Cofanella che è proprio dietro di me, così le darà conferma che il Presidente di Lolla è qui in carne ed ossa-.
-E’ un ologramma, è troppo bianco, quasi trasparente! Ma le pare che esiste un politico che la gente ferma per strada per abbracciare? Su, via! Fantascienza!-.
-Signora Sunna, Fante le sembra pallido perché lo vede vicino a Meloccaro,  che è truccatissimo. Autori, per favore, da domani togliete il fard al mio socio perché fa impallidire noialtri, e non in senso metaforico, eh! Chi abbiamo in collegamento via tablet? Non ci posso credere, la signorina Sesè, conduttrice del programma televisivo “Non cerco il principe azzurro ma nu’ guaglione malandrino”.
-Fioreeeeee, ma tu che appunto non sei il principe azzurro, quando ci vieni in trasmissione da me?- si manifesta nello schermo rettangolare la faccia appuntita della signorina Sesè.
-Sesi, dovresti sapere che non sono più sulla piazza da un pezzo!-.
-E vabbeh, lo so che sei sposato. Ma non è che per via di questo dettaglio mi posso scippare gli occhi dalla faccia per non vedere più quanto sei bello- replica, leggermente caustica,  la regina del pomeriggio televisivo italiano.
-Dettaglio? Non sai quanto può essere pericolosa mia moglie, mi sa!-.
-E tu non sai quanto possono essere agguerrite delle zitella croniche come me e le mie concorrenti. Che poi, non è per offendere, ma tolto te non si può guardare proprio nessuno lì dentro. A partire da quel Meloccaro pittato con lo stucco che sta seduto vicino a te. Per non parlare della processione di dolore che tieni dietro: John Wayne, Ruggero, Il Pompa. L’unico che non è ancora andato in andropausa è Il Depresso, ma con quella faccia farebbe passare tutte le voglie pure ad una ninfomane incallita- rincara la dose la signorina Sesè, sistemandosi la scollatura.
-Sesi, sei una grande! Ti sei scordata di Vito detto Agonia che apre il programma assieme a me e del  mio portavoce-.
-Rosa’, io, quei due, non me li sono scordati: li ho proprio saltati per non passare per cattiva. Oh, solo per la scelta dei maschi sei andato a scavare nelle casette del presepe, perché per le femmine non hai badato a spese. Vedo che al piano bar c’è  una bella ragazza dai capelli rossi, e poi non mi è sfuggita quella bonazza che chiamate Moglie del Dottore aggrappata al Depresso. Caro Fiore, mi spiace dirtelo, ma sei un maschilista pure tu-.
-Sesi, ma come! E la Signora Cofanella, che ha i suoi bei anni? Dove la mettiamo la Cofanella, eh?-.
-E vabbuò, mo’ ci mancava pure che al posto della Cofanella ci mettevi Miss Italia!-.
-Aspetta Sesi. Uno figo ce l’ho. Che ne dici di Jovanotti che ci canta la sigla ogni mattina?-.
-Sì, Lorenzuccio non è male, ma non è il mio tipo. Troppo allegro, troppo colorato, troppo “ragazzo fortunato” . A me fai sangue tu!-.
-Sesi, sei terribile! Meno male che sta arrivando Giò a salvarmi dalle tue spregiudicate avances a causa delle quali mia moglie, a quest’ora, avrà già fatto cambiare la serratura della porta. Signora locandiera, ma che spettacolo questa crostata che hai sfornato per noi! Facciamoci una foto con questa torta che poi me la porto  a casa e me la faccio bastare per una settimana. E ora leggiamo qualche notizia: il quotidiano Sta bene riporta in prima pagina la storia di una moglie che stanca delle mazzate del marito, ieri gli ha dato uno schiaffo in seguito al quale l’uomo è svenuto. Una volta sveglio, il tipo voleva denunciare la consorte, ma quando lei l’ha rincorso con la mazza della scopa, l’ex picchiatore se l’è data a gambe levate. Un applauso a questa donna!
Sta finendo pure questa puntata dell’Edicola Fiore in diretta dalla Locanda di Giò, mi raccomando, comprate i giornali: non mandiamo gli edicolanti in mezzo a una strada più di quanto già ci stanno. A domani! E a sorpresa la nostra ostessa ci intonerà la sigla- conclude lo showman di Augusta.
Edicola Fiore, Edicola Fiore, Edicola Fiore alla Locanda ha più sapoooreeee!
-Giò, Giò, cosa stai cantando?- mi scuote la mia amica Daniela.
-La sigla dell’Edicola. Dove sono finiti tutti quanti? E la crostata con la dedica “Benvenuta #EdicolaFiore”?- chiedo, un po’ confusa.
-Giò, mia cara, stavi sognando. Per ora ci siamo solo io e te alla Locanda. Ma stanno arrivando tutti i nostri amici. E tutti gli ospiti che sono passati da qui in quest’anno-.
-E la mia crostata?- .
-E’ ancora in forno. Si sta cuocendo. Vieni a vedere: sopra ci hai scritto “La Locanda di Giò” non “Benvenuta #EdicolaFiore”. E abbiamo comprato pure la candelina: oggi la Locanda compie un anno!-.
-Hai ragione, Daniela. Ora ricordo. Forse ero così emozionata di celebrare il primo compleanno di questa mia creatura che mi sono lasciata cullare da un sogno bellissimo: festeggiare assieme alla banda dell’Edicola Fiore! Sarà che questo posto è magico, ma sembrava tutto così vero…-.
-Giò, sul bancone di legno ho trovato un tablet. Ma se non sbaglio fra queste mura non c’è connessione internet, vero?-.
-E chi lo sa, amica mia. Dai, mettiamoci al lavoro. Ho preparato delle stelle di carta. Le attacchiamo al soffitto col filo di nylon trasparente. Così danzeranno sopra le nostre teste. Sopra il sogno avverato di questa Locanda fatata-.


Ingredienti per una crostata rotonda di 26-28 cm di diametro:
-200 grammi di farina 00
-140 grammi farina 0
-1uovo e due tuorli
-125 grammi di burro (a temperatura ambiente)
-160 grammi di zucchero
-mezzo cucchiaino di lievito
-Nutella




domenica 21 febbraio 2016

Storia vera di Peppino Nasta scritta da Giovanna Sica e pubblicata su Confidenze tra amiche n. 9 del 3 marzo 2015

-La vita è bella-

La vita è bella perché attorno a me succedono un sacco di cose.
Anche se io sto fermo. Immobile, dalla nascita. 
Però, quando di mattina vengo sistemato sulla mia carrozzella, divento parte del mondo. Non più legno duro, ma fuscello. Fluttuante, anch’io. Come le foglie che s’imbrogliano nei rami prima di farsi portare via dal vento. Indaffarato, anch’io. 
Come quelli che accompagnano i figli a scuola e poi corrono al lavoro. 
Solo che io non ho figli e non ho un lavoro. 
Però dal belvedere della piazzetta vicino casa mia, scoperchio i palazzi perché mi piacciono le storie degli uomini. E poi soffio sulle nuvole, per farle impallidire nei giorni in cui mi rubano il sole. La luce.
La vita è bella perché Carla, mia moglie, sorride sempre. 
Eppure, le prime volte che la incontravo, mi stava proprio antipatica. Io le passavo vicino e quella, beata, mi rideva in faccia. Mettetevi nei miei panni: son permaloso, pensavo ridesse di me, della mia condizione. Poi ho capito che no, non rideva di me: Carla ride e basta. Ha questa cosa che tu la guardi e sulla sua faccia si illumina lo splendore. E non c’è risposta e non c’è rassicurazione che non nasca lì, nei suoi occhi neri cosparsi di pagliuzze dorate. Che esplodono, all’improvviso. Era l’otto agosto del 1991 il giorno in cui Carla diventò la mia fidanzata. Eravamo a Rimini: un gruppo di disabili in vacanza. Lei  se ne stava sempre con le sue amiche. Non riuscivo mai a scorgerla da sola. E invece la mattina dell’otto agosto, alle ore undici -e chi se lo scorda?-  Carla era sulla spiaggia da sola. Eh no, cavolo, era in compagnia di un altro uomo. Il sangue mi andò alla testa. Pensai subito: “E questo mo’ chi è? Non è che me la vuole portare via?”. Furente schiacciai bene il pulsante dell’acceleratore  della mia carrozzella e mi intrufolai in mezzo a loro due. E senza saper né leggere né scrivere, e senza lasciarmi intimorire dal fatto che l’altro, il tipo, fosse “normale”, cercai gli occhi di Carla e le feci la mia dichiarazione d’amore. –Devo riflettere- rispose lei serafica. Ci pensò giusto il tempo che impiegò dalla spiaggia a tornare in albergo. Ci penso un quarto d’ora scarso, il più lungo della mia vita. E poi mi disse di sì. E fece di me un uomo felice. Non avevo però calcolato che, una volta tornati a casa, ci saremmo imbattuti in un sacco di difficoltà per stare assieme. Prima di tutto, ero talmente imbambolato che mi ero dimenticato di chiederle il numero di telefono. Come avrei fatto a rivedere la mia bella?Sono un uomo testardo. Scoprii che Carla andava a fare le sue terapie pomeridiane a bordo di un pulmino che guidava un mio amico. Gli stetti addosso fino a che non mi procurò un recapito. La chiamai una sera e mi rispose sua sorella, dicendomi che non c’era e che mi avrebbe fatto richiamare quando sarebbe rincasata. Passai la serata e il giorno dopo a fissare il telefono. Talmente intensamente che mi sembrava di sentirlo squillare, pure se quello continuava a starsene zitto. Del resto, come avrebbe potuto richiamarmi se non avevo lasciato il mio numero? Così, sul limitare del secondo giorno, telefonai nuovamente io. Stavolta rispose Carla. Chiacchierammo un po’, con le nostre voci rotte dall’ emozione. La mia morosa mi diede il permesso di chiamarla tutte le sere alle otto. Però, mi avvertì che, se ci fossero stati in casa i genitori, avrebbe messo il telefono fuori posto, perché suo papà non vedeva di buon occhio il nostro amore. Non perché non gli piacessi, semplicemente si preoccupava per sua figlia: come avrebbe fatto ad occuparsi di un uomo tetraplegico, lei che era affetta dalla sindrome di Little?Come sarebbe riuscita una coppia, “così ben assortita”, come la nostra ad affrontare gli intoppi che si sarebbero presentati tutti i santi giorni? Non lo sapevo allora e non l’ ho saputo mai lungo i ventiquattro anni che ci hanno visto assieme. So solo che io e mia moglie ci amiamo. Che ogni mattina ci svegliamo vicini, nell’intrico accalorato dei nostri respiri. So solo che la bellezza che vedo intorno a me, è stata lei a mettermela negli occhi. E nel cuore.
Siamo stati fidanzati per dieci anni, vedendoci sempre di nascosto. Avevamo un’amica che ci aiutava. Andava a prendere Carla dicendo ai suoi genitori che la portava a mangiare un gelato. Poi passavano a prendere me. Solo così riuscivamo a trascorrere qualche pomeriggio assieme. Questo avveniva ogni due, tre mesi. E l’attesa fra un’uscita e l’altra era davvero insopportabile. Il dieci aprile del 2001 ci sposammo, senza che mio suocero lo sapesse. La madre e gli zii di Carla vennero al Comune per prender parte alla celebrazione del nostro matrimonio. Si erano convinti che noi non avremmo mai rinunciato a stare assieme. E anche mio suocero, col tempo, smise di osteggiarci. Quando Carla venne a vivere a casa mia, suo papà alle volte si fermava a pranzo da noi. Abbiamo avuto anni felici. Mia moglie dice: -Non son state tutte rose e fiori-. E io le rispondo: -Perché tu conosci matrimoni che son tutti rose e fiori? Almeno noi ci amiamo. Che non è poco-.
Alla mattina viene una persona che mi prende dal letto, mi lava, mi veste e mi mette sulla carrozzella. Dopodiché io e la mia sposa usciamo. Ognuno con la sua “motoretta”. Carla con la sua carrozzella va dappertutto: Posta, supermercato, farmacia. Prima cucinava anche, faceva la lavatrice. Ora non ce la fa più. Ma noi non ci scoraggiamo: abbiamo una signora che viene a pulire. E il pranzo lo ordiniamo tutti i giorni al ristorante. Possediamo un furgone e il Comune di Corbara ci ha messo a disposizione  un autista che, due volte alla settimana, ci viene a prendere, carica le carrozzelle  a bordo e ci accompagna dove vogliamo. Quanto ci piace andare a passeggio sul lungomare di Salerno! Oppure a Mergellina, a mangiare la pizza, mentre il golfo di Napoli si incendia al tramonto sotto i nostri occhi incantati.
La vita è bella perché ha inventato ricami inaspettati alle mie giornate:
e se fossi nato “normale” e poi non avessi avuto in dono l’amore? 
A che mi servirebbe correre, allacciarmi le scarpe e bere da solo, se non avessi Carla che mi danza intorno l’intera giornata?
La vita è bella perché tante persone ci vogliono bene. 
E non importa se ce ne sono state alcune che si sono approfittate della nostra situazione per rubarci qualche soldo. Qualcuno di cui magari ci fidavamo. O quella tizia che, forse per colpa delle unghie finte, s’era sbagliata a dare il resto dei soldi a mia moglie che non può contarli da sola, con le sue mani. Certo, sgraffignare qualcosa a noi è peggio che rubare le caramelle ai bambini.
La mia vita è bella e non pensate neanche per un attimo che mi stia passando davanti senza che io possa toccarla veramente. 
Io la afferro dentro gli occhi miei. La accarezzo con le ciglia.
Franco, un mio caro amico, una volta disse a mia moglie che io la tenevo come una principessa. E lei gli rispose: -Perché cos’hanno le principesse più di me?-.

Niente amore mio. Te lo scrivo qui. Non lo scordare mai: la vita è bella perché io ho te.