Ciao
Mimì,
di Giovanna Sica (articolo pubblicato sul settimanale Confidenze, n.29, 7 luglio 2020).
Per i
miei occhi neri e i capelli e i miei neri pensieri/C’è Mimì che cammina sul
ponte per mano alla figlia/E che guardano giù/Per la vita che ho avuto e la
vita che ho dato, per i miei occhiali neri/Per spiegare alla figlia che domani
va meglio, che vedrai, cambierà (Mimì sarà, Francesco De Gregori).
Ciao Mimì,
sono venticinque anni che siamo orfani di te. Della musica che avresti
inventato ancora. Delle emozioni che cantando ci cucivi addosso. Ti immagino
coi capelli scarmigliati. Lucenti e
nerissimi. Lunghi, come questo giorno di giugno in cui ti scrivo che non ne
vuol sapere di finire. Ti immagino con un vestito da sera con tremila
sottane. E una stella sulla testa che fa gocciolare sul corpo tuo una luce
buona, che ti tiene al riparo, finalmente. Fino a che sei stata in questo mondo
non è bastato neanche l’amore a proteggerti, eppure ti volevano bene in tanti.
La tua
carriera parte negli anni Sessanta, ma è nel decennio successivo che arriva la
consacrazione: 1971, Oltre la collina. Un concept album, uno dei primi
in Italia, contiene pezzi troppo avanti per l’epoca, basta ricordare che Padre
davvero e La vergine e il mare, considerati dissacranti, subiscono la
censura radio-televisiva. Seguono due vittorie di fila al Festivalbar: Piccolo
uomo, 1972 e Minuetto, 1973. Quest’ultima canzone te la scrive
Franco Califano, nel tempo di una nottata, e quando tu la leggi ne sei
entusiasta: è tua … E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che
mai/Dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi/Tanto sai che quassù male che
ti vada avrai/Tutta me, se ti andrà per una notte. Sono begli anni, questi:
la collaborazione con Charles Aznavour culminata nel 1977 in un concerto
indimenticabile all’Opera di Parigi e, nello stesso momento, l’inizio della tua
grande storia d’amore con Ivano Fossati. Sei sulla cima della montagna e meriti
di essere lì, col tuo talento, con tutta quell’anima che ti fai uscire dal
corpo. Sei tanto e sei troppo in quel fisico minuto. Forse per questo cominciano
ad accanirsi su di te, a cercare di tirarti giù. Nel 1981 subisci due
interventi alle corde vocali. La tua voce cambia, non la riconosci più, poi la
accogli come si fa con un figlio che arriva non voluto. Questa nuova voce ti è
ancora più cara di quella vecchia: la prima era stata un dono, questa te la sei
sudata, avete attraversato assieme il dolore. Nel 1982 porti E non finisce
mica il cielo sul palco di Sanremo, te la scrive Ivano (Fossati), non sali
sul podio ma fai tremare l’Ariston a tal punto che si inventano un premio
apposta per te, il Premio della Critica che dall’anno successivo alla tua morte
porta il tuo nome.
Dov’è
Mimì/Dagli enormi cappelli/Che folli giorni quelli/È ancora lì/Che suona il suo
piano/Il canto suo/Perfetto richiamo/Rapito dai colori suoi/Nel suo universo mi
specchiavo/Chitarre e spiagge insieme a lei/Canzoni come aquiloni/Mimì (La
grande assente, Renato
Zero).
Dove ti sei
nascosta, Mimì? Il 1983 ti ritiri a vita privata. Sei stanca. Non ce la fai più
a reggere le dicerie infamanti su di te. Perché ti stanno facendo questo? Su
quest’onta insopportabile s’innestano tutte le fragilità della tua anima pura.
Stanno vincendo loro ma tu senti di non poterci fare nulla. Però non smetti mai
di cantare perché la musica è la tua vita. C’è quella canzone che l’amico Bruno
(Lauzi) tiene nel cassetto per te da 17 anni, ti decidi a regalarla al mondo
solo nel 1989, ancora dal palco dell’Ariston, ancora Premio della Critica. Sai,
la gente è sola/Come può lei si consola/Per non far sì che la mia mente/Si
perda in congetture, in paure/Inutilmente e poi per niente (Almeno tu
nell’universo). È tornata Mimì. Canta alzando le braccia al cielo.
Stringendo i pugni. Le labbra s’arricciano all’insù. La voce s’arrampica sulla
sua faccia, verso quegli occhi che invece tendono verso il basso. Sale, sale,
la voce di Mimì. La sentono tutti. Pure Dio. I tuoi fan ti stavano aspettando.
Per loro realizzi l’album Martini Mia. La canzone Donna conquista
il disco d’oro per aver venduto più di 100.000 copie. L’anno successivo sei di
nuovo a Sanremo. Ancora un testo di Franco Califano (La nevicata del ’56).
Ancora Premio della Critica.
Sono
stata anch’io bambina/Di mio padre innamorata/Per lui sbaglio sempre e sono/La
sua figlia sgangherata/Ho provato a conquistarlo/E non ci sono mai riuscita/E
ho lottato per cambiarlo/Ci vorrebbe un’altra vita (Gli uomini non cambiano). In questi versi intrisi di tristezza
ritrovo il tuo primo antico dolore legato agli uomini: ha la faccia di tuo
padre, è con lui che si è aperta una crepa che non s’aggiusterà mai. È l’anno
1992 e io ho come l’impressione che si chiuda un cerchio cominciato con Padre
davvero. Questa tua storia struggente la porti ancora una volta a Sanremo;
arrivi seconda: la vittoria come la felicità sembrano sempre a portata di mano
nella tua vita, ma non riesci mai ad afferrarle…
Comunque
vadano le cose io/Non reagisco più/Comunque vadano le cose io/Se mi guardi
tu/Negli occhi aspetterò il miraggio/Da cui non bevo più/Prendimi in giro come
il sole a maggio/Quando sprofonda giù/Lasciando all’improvviso spazio/Al grigio
dentro il blu/Scusa Mimì/Scusa Mimì/Se ti canto e mi perdo (Comunque vadano le
cose, Negramaro).
Stiamo
come stiamo duetti con
Loredana, la tua ultima volta sul palco dell’Ariston; quanta verità, quanta
voglia di riscatto in questo testo: ma i fari passano tagliando la notte
sopra il mare/C’è una piramide di cielo ancora da scalare/Per noi soldati di
ventura in questo metro quadro/Lo sfameremo questo amore così magro. Nel
1994 incidi La musica che mi gira intorno, il tuo ultimo album, ma tu
non puoi saperlo, eppure fai una scelta destinica: reinterpretare le canzoni che
ami di più, una sorta di testamento musicale, e non può mancare Mimì sarà
in cui ti sei sentita raccontata da dentro il cuore tuo.
E poi arriva
un altro anno, l’ultimo maggio, un venerdì 12 che ti nega il sabato, per sempre
stavolta. Ti trovano sul tuo letto, hai le cuffie, stai ascoltando musica. Hai
dei progetti ancora da realizzare. E di sogni, Mimì, di quelli ne hai ancora?
Ridi Mimì, con quella tua risata piena, bella come la tua voce. Brilla, Mimì,
perché le stelle come te non si possono spegnere.
Da quella
sera, una sera di maggio amore mio/Ma quanto coraggio/Neanche Dio/In una sera,
una sera di maggio gigante/Che ho perso io/E tu ancora più grande/Amore, amore,
amore, amore mio/Amore mio (Zona Venerdì, Loredana Bertè).