venerdì 2 ottobre 2020

 




Ciao Mimì, di Giovanna Sica  (articolo pubblicato sul settimanale Confidenze, n.29, 7 luglio 2020).

 

Per i miei occhi neri e i capelli e i miei neri pensieri/C’è Mimì che cammina sul ponte per mano alla figlia/E che guardano giù/Per la vita che ho avuto e la vita che ho dato, per i miei occhiali neri/Per spiegare alla figlia che domani va meglio, che vedrai, cambierà (Mimì sarà, Francesco De Gregori).

Ciao Mimì, sono venticinque anni che siamo orfani di te. Della musica che avresti inventato ancora. Delle emozioni che cantando ci cucivi addosso. Ti immagino coi capelli scarmigliati.  Lucenti e nerissimi. Lunghi, come questo giorno di giugno in cui ti scrivo che non ne vuol sapere di finire. Ti immagino con un vestito da sera con tremila sottane. E una stella sulla testa che fa gocciolare sul corpo tuo una luce buona, che ti tiene al riparo, finalmente. Fino a che sei stata in questo mondo non è bastato neanche l’amore a proteggerti, eppure ti volevano bene in tanti.

La tua carriera parte negli anni Sessanta, ma è nel decennio successivo che arriva la consacrazione: 1971, Oltre la collina. Un concept album, uno dei primi in Italia, contiene pezzi troppo avanti per l’epoca, basta ricordare che Padre davvero e La vergine e il mare, considerati dissacranti, subiscono la censura radio-televisiva. Seguono due vittorie di fila al Festivalbar: Piccolo uomo, 1972 e Minuetto, 1973. Quest’ultima canzone te la scrive Franco Califano, nel tempo di una nottata, e quando tu la leggi ne sei entusiasta: è tua … E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai/Dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi/Tanto sai che quassù male che ti vada avrai/Tutta me, se ti andrà per una notte. Sono begli anni, questi: la collaborazione con Charles Aznavour culminata nel 1977 in un concerto indimenticabile all’Opera di Parigi e, nello stesso momento, l’inizio della tua grande storia d’amore con Ivano Fossati. Sei sulla cima della montagna e meriti di essere lì, col tuo talento, con tutta quell’anima che ti fai uscire dal corpo. Sei tanto e sei troppo in quel fisico minuto. Forse per questo cominciano ad accanirsi su di te, a cercare di tirarti giù. Nel 1981 subisci due interventi alle corde vocali. La tua voce cambia, non la riconosci più, poi la accogli come si fa con un figlio che arriva non voluto. Questa nuova voce ti è ancora più cara di quella vecchia: la prima era stata un dono, questa te la sei sudata, avete attraversato assieme il dolore. Nel 1982 porti E non finisce mica il cielo sul palco di Sanremo, te la scrive Ivano (Fossati), non sali sul podio ma fai tremare l’Ariston a tal punto che si inventano un premio apposta per te, il Premio della Critica che dall’anno successivo alla tua morte porta il tuo nome.

Dov’è Mimì/Dagli enormi cappelli/Che folli giorni quelli/È ancora lì/Che suona il suo piano/Il canto suo/Perfetto richiamo/Rapito dai colori suoi/Nel suo universo mi specchiavo/Chitarre e spiagge insieme a lei/Canzoni come aquiloni/Mimì (La grande assente, Renato Zero).

Dove ti sei nascosta, Mimì? Il 1983 ti ritiri a vita privata. Sei stanca. Non ce la fai più a reggere le dicerie infamanti su di te. Perché ti stanno facendo questo? Su quest’onta insopportabile s’innestano tutte le fragilità della tua anima pura. Stanno vincendo loro ma tu senti di non poterci fare nulla. Però non smetti mai di cantare perché la musica è la tua vita. C’è quella canzone che l’amico Bruno (Lauzi) tiene nel cassetto per te da 17 anni, ti decidi a regalarla al mondo solo nel 1989, ancora dal palco dell’Ariston, ancora Premio della Critica. Sai, la gente è sola/Come può lei si consola/Per non far sì che la mia mente/Si perda in congetture, in paure/Inutilmente e poi per niente (Almeno tu nell’universo). È tornata Mimì. Canta alzando le braccia al cielo. Stringendo i pugni. Le labbra s’arricciano all’insù. La voce s’arrampica sulla sua faccia, verso quegli occhi che invece tendono verso il basso. Sale, sale, la voce di Mimì. La sentono tutti. Pure Dio. I tuoi fan ti stavano aspettando. Per loro realizzi l’album Martini Mia. La canzone Donna conquista il disco d’oro per aver venduto più di 100.000 copie. L’anno successivo sei di nuovo a Sanremo. Ancora un testo di Franco Califano (La nevicata del ’56). Ancora Premio della Critica.

Sono stata anch’io bambina/Di mio padre innamorata/Per lui sbaglio sempre e sono/La sua figlia sgangherata/Ho provato a conquistarlo/E non ci sono mai riuscita/E ho lottato per cambiarlo/Ci vorrebbe un’altra vita (Gli uomini non cambiano). In questi versi intrisi di tristezza ritrovo il tuo primo antico dolore legato agli uomini: ha la faccia di tuo padre, è con lui che si è aperta una crepa che non s’aggiusterà mai. È l’anno 1992 e io ho come l’impressione che si chiuda un cerchio cominciato con Padre davvero. Questa tua storia struggente la porti ancora una volta a Sanremo; arrivi seconda: la vittoria come la felicità sembrano sempre a portata di mano nella tua vita, ma non riesci mai ad afferrarle…

Comunque vadano le cose io/Non reagisco più/Comunque vadano le cose io/Se mi guardi tu/Negli occhi aspetterò il miraggio/Da cui non bevo più/Prendimi in giro come il sole a maggio/Quando sprofonda giù/Lasciando all’improvviso spazio/Al grigio dentro il blu/Scusa Mimì/Scusa Mimì/Se ti canto e mi perdo (Comunque vadano le cose, Negramaro).

Stiamo come stiamo duetti con Loredana, la tua ultima volta sul palco dell’Ariston; quanta verità, quanta voglia di riscatto in questo testo: ma i fari passano tagliando la notte sopra il mare/C’è una piramide di cielo ancora da scalare/Per noi soldati di ventura in questo metro quadro/Lo sfameremo questo amore così magro. Nel 1994 incidi La musica che mi gira intorno, il tuo ultimo album, ma tu non puoi saperlo, eppure fai una scelta destinica: reinterpretare le canzoni che ami di più, una sorta di testamento musicale, e non può mancare Mimì sarà in cui ti sei sentita raccontata da dentro il cuore tuo.

E poi arriva un altro anno, l’ultimo maggio, un venerdì 12 che ti nega il sabato, per sempre stavolta. Ti trovano sul tuo letto, hai le cuffie, stai ascoltando musica. Hai dei progetti ancora da realizzare. E di sogni, Mimì, di quelli ne hai ancora? Ridi Mimì, con quella tua risata piena, bella come la tua voce. Brilla, Mimì, perché le stelle come te non si possono spegnere.

Da quella sera, una sera di maggio amore mio/Ma quanto coraggio/Neanche Dio/In una sera, una sera di maggio gigante/Che ho perso io/E tu ancora più grande/Amore, amore, amore, amore mio/Amore mio (Zona Venerdì, Loredana Bertè).