giovedì 27 febbraio 2014

- Rosso Istanbul - Ferzan Ozpetek



Ferzan Ozpetek sta per tornare sul grande schermo con un nuovo film, “Allacciate le cinture”. Dobbiamo attendere solo (si fa per dire) altri sette giorni.
Intanto, lo scorso novembre, il regista turco ha pubblicato il suo primo libro.
“Amore. Che cos’ ho imparato sull’amore? Quello che ho imparato sull’amore è che l’amore esiste … Ho imparato che l’amore non sa né leggere né scrivere. Che nei sentimenti siamo guidati da leggi misteriose, forse il destino o forse un miraggio, comunque qualcosa di imperscrutabile e inspiegabile. Perché, in fondo, non esiste mai un motivo per cui ti innamori. Succede e basta. E’ un entrare nel mistero: bisogna superare il confine, varcare la soglia. E cercare di rimanerci, in questo mistero, il più a lungo possibile”. Ferzan Ozpetek, “Rosso Istanbul”.



In copertina ci ha regalato una foto di sua madre da giovane. Uno sguardo altrove e trasognato. Una grande donna, di cui si parla molto fra queste pagine (anche se il libro non è propriamente autobiografico). Una madre che lo chiama all’alba, con l’urgenza che hanno solo i vecchi, per dirgli: -niente conta più dell’amore-. Come se fosse una scoperta sensazionale. O forse, semplicemente, il senso della vita.
“Rosso Istanbul” racconta di un ritorno. Al passato. Ad un posto felice dell’infanzia.  Ad una città, Istanbul, che se fosse un colore, sarebbe il rosso. Come i tramonti sul Bosforo. Come lo smalto sulle unghie di sua madre. Che ora, per la crudeltà del tempo che le è passato addosso, per piacere al suo fisioterapista, di rosso chiede una tuta da ginnastica. Ancora, soprattutto, è un libro sull’amore. Sull’ ineluttabilità di questo sentimento. L’unico che rende una vita degna di essere vissuta.
Il romanzo ha inizio su un aereo che da Roma va ad Istanbul.  Seduti vicino, ci sono un regista turco ed una coppia sposata, Anna e Michele. Il romanzo racconta due storie. Separatamente. “Lui”, “Lei” c’è scritto sopra il titolo di ogni capitolo. E se per il protagonista maschile (che ricorda tanto l’autore), questo viaggio è un ritorno a casa, per Anna Istanbul è tutta da scoprire. Le due storie, in queste pagine, si sfiorano più volte. Si avvicinano, ma non si toccano. Almeno fino alla fine. Dove, in una notte in cui tutto può ancora succedere, la verità del regista e quella di Anna si incastrano.
La prima cosa che ho fatto, dopo aver letto ROSSO ISTANBUL (due volte), è stato andarmi a rivedere tutti i film di Ozpetek. La lettura di queste 111 pagine, mi ha messo in mano nuovi elementi per la comprensione delle sue pellicole. La zia zitella interpretata da Elena Sofia Ricci in “Mine Vaganti” , la ritroviamo anche nel libro. Come nel film, anche qui abbiamo una zia (zia Guzin) che  gridava “a ladro”quando, di notte, uno dei suoi amanti usciva dalla sua camera.  Ancora il regista turco del libro racconta una cosa  che gli piace fare: estraniarsi un momento sulla porta della sua cucina, per guardare i suoi amici, in quelle sere che son venuti a casa, e si mangia e si beve e si fanno i soliti discorsi attorno ad un tavolo. E non ho bisogno neanche di un secondo, per ricordarmi che  questa scena io l’ho già vissuta  in “Saturno contro”, con Luca Argentero.  -Ecco. Ci sono momenti come questo in cui riesco a sentirmi felice, non so bene perché … ma vedere Davide insieme ai nostri amici mi fa sentire al sicuro … so cosa dicono, cosa pensano e anche se son sempre le stesse cose, mi va bene così … Non voglio sorprese, novità, colpi di scena … voglio che tutto rimanga come è adesso … per sempre … anche se so che per sempre non esiste”.


Ad  Ozpetek piace considerarsi turco a Roma e romano in Turchia.
Adora vivere nella nostra Capitale, son ben trentasette anni che è in Italia. Tuttavia, non ha permesso al tempo trascorso qui di mettersi fra lui e la sua magica terra. Ha continuato a viverla. A tornarci. Per non dimenticare il profumo del tiglio e delle frittelle dei venditori ambulanti.
Con “Mine vaganti” il regista turco si innamorò del Salento. Di Lecce. Fu il suo primo film, girato in Italia, che non avesse Roma come location. Finora. Fino a “Allacciate le cinture” che sta per uscire. Ferzan è tornato a lavorare a Lecce. E, chi ha visto “Mine vaganti”, non avrà avuto problemi a capire perché questa città gli abbia conferito la cittadinanza onoraria. Dopo la visione di questa pellicola, si ha un solo desiderio: perdersi nei vicoli di questa terra luminosa. Ci si va apposta. Ci si torna apposta. Si cammina per le strade di Lecce, e ci si lascia sorpassare, ad ogni angolo, da quella giovane sposa impaurita che scappa da un destino già scritto per filo e per segno. Sembra di sentire i passi della gente al funerale di quella sposa divenuta con gli anni una nonna stravagante. Che nel suo testamento dirà :“La terra non può volere male all’albero”. Era lei la vera mina vagante della famiglia. Ognuno di noi è stato, almeno una volta nella vita, quella sposa. Quella mina vagante.

Ferzan è grande maestro nel raccontare la vita. Il suo sguardo d’insieme si sfilaccia in ogni inquadratura. Scruta l’animo umano, le debolezze, le manie. Ma anche gli slanci , i sogni realizzati e quelli rimasti impigliati in qualche albero, proprio come gli aquiloni della sua infanzia. Racconta l’amore, sopra ogni cosa. In tutte le sue possibili facce. Non è mai giudice supremo, deus ex machina. Piuttosto è un amico immaginario che cammina accanto ai suoi personaggi. Questi hanno vita propria, nemmeno lui può cambiare il destino che li attende. Però, è sempre lì, al loro fianco. Non li lascia. Non li perde.
Ci son frasi nel suo libro, così come in tutti i suoi film, che ti si fissano in testa. Che irrompono nella tua vita. E te la rovesciano. I suoi lavori si potrebbero definire “a rilascio graduale”. Come certe medicine, hanno il potere di guarirti. Dopo ogni suo film, si esce dalla sala arricchiti. E cambiati. Ozpetek ha il potere di trascinarti in mezzo alla storia dei suoi personaggi (Magnifica Presenza). Di farti crescere il cuore per accogliere un nuovo possibile dolore (Un giorno perfetto). Di spezzarti il respiro, mentre aspetti che la vita riprenda a scorrere, dopo uno strappo (Cuore sacro).  Di metterti in attesa di quella “mazzata fra capo e collo” , di cui parlava Ennio Fantastichini (Saturno contro). Perché niente conta più di quella mazzata. “Niente conta più dell’amore”. E forse, è vera e sacrosanta l’urgenza con cui la madre lo chiama all’ alba per svelargli, ogni volta,  questo segreto.
Il trailer del nuovo film è accompagnato dal brano  “A mano a mano”. Canzone di Cocciante, in una versione emozionante, quasi urlata di Rino Gaetano. Non è la prima volta che Ozpetek ci mette in mano bellissimi testi. Si pensi all’inedito “Sogno “ di Patty Pravo, a “Remedios”, brano del 1974,  cantato dalla grande Gabriella Ferri.  E poi, non manca mai nei suoi film, almeno una canzone dell’amica Sezen Aksu. Con le sue melodie struggenti come tutti i suoi film.

Ho molto apprezzato la scelta di Kasia Smutniak come protagonista femminile. Ma anche le altre donne del film sono splendide: Elena Sofia Ricci, Carolina Crescentini, Carla Signoris.
So che Ferzan, come me, adora cucinare e avere gli amici a casa. Mi sono interrogata seriamente su quale ricetta dedicargli, ho pensato che se (volesse il Cielo) capitasse ospite ad una mia cena, gli farei un piatto semplice, ma dal sapore deciso:
-Gli spaghetti con la colatura di alici di Cetara-
Ricetta per sei persone:
-600 gr di spaghetti (i miei amici vogliono il piatto pieno!)
-sei cucchiai di colatura di alici
- pane tostato e sbriciolato al momento
-3 spicchi di aglio
-pomodorini del Piennolo
-olio extra vergine d’oliva (si, ma deve essere quello buono)
-6,7 alici sotto sale

Si fa bollire l’acqua e si cuociono gli spaghetti (senza sale, la colatura è già salatissima!).
In una padella si fanno soffriggere l’olio con i pomodorini e l’aglio (leggermente schiacciato). Si scola la pasta al dente e si tuffa in padella, contemporaneamente si aggiungono la colatura e le alici salate (previamente passate sotto l’acqua),  il pane tostato nel forno e poi sbriciolato grossolanamente, prezzemolo e ancora olio evo a crudo.


“E quando trovi il coraggio di raccontarla, la tua storia, tutto cambia. Perché nel momento stesso in cui la vita si fa racconto, il buio si fa luce e la luce ti indica una strada. E adesso lo sai, il posto caldo, il posto al sud sei tu” Rosso Istanbul.
Mi piace concludere con questa frase del libro. Mi fa credere che ogni vita meriti di essere raccontata. E che siamo tutti in viaggio. Anche quando restiamo fermi. Anche quando non ce ne accorgiamo.
Un abbraccio, vostra giò.
Ah, il sei marzo andrò a vedere ALLACCIATE LE CINTURE. Poi vi dirò J


4 commenti:

  1. Ciao Giovanna...ma la colatura di alici..la vendono al supermercato o nei negozi specializzati?...Non l'ho mai vista..si puo' fare questo piatto anche con le acciughe sotto sale penso..o cambia molto di sapore?....Mi hai fatto venir una fame!!!..;-)....Questo libro, avevo voglia di prenderlo....qualche tempo fa, avevo ascoltato (stavo stirando...)..un'intervista che avevano fatto all' autore e parlava ,descrivendo anche lui il libro e il film...mi aveva incuriosito..appena avro' il tempo,me lo procuro...ma il film,no...quando leggo un libro..voglio ricordarlo ..come me lo sono immaginato io..:-)...Un abbraccio Giovanna..<3.Maria Grazia Zeini.

    RispondiElimina
  2. Maria Grazia cara, la colatura di alici dovrebbe essere pure al supermercato o cmq nelle pescherie ben fornite. In realtà neanche ci andrebbero le alici salate, è una variante che ho aggiunto io! Vai pure a vedere il film se ti va, tanto il libro parla di un'altra storia che, sicuramente, un giorno diverrà un film. Ti abbraccio, grazie di seguirmi sempre :)))

    RispondiElimina
  3. Hai fatto venire anche a me voglia di rivedere tutti i film di ozpetek in attesa dell ultimo ...ciao elena

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Elena subito cara, che bella cosa che mi dici. Me l'ha detto anche qualche mia lettrice su fb. Sarebbe bello metterci tutte assieme, birra, patatine e film di Ozpetek a volontà! Grazie. Alla prossima.

      Elimina