Agerola. Che
posto incantevole che è Agerola. Si svolge qui fra luglio ed agosto il Festival
“Sui sentieri degli Dei”.
E il 13
agosto scorso c’è stata una serata che non potevo perdermi: “Note e poesie” , con
consegna del premo Salvatore Di Giacomo a Roberto Vecchioni.
Il cantante
lombardo, figlio di napoletani, è completamente a suo agio in mezzo a tanta
bellezza. In mezzo a tanta meravigliosa napoletanità. E’ un concetto a lui caro, questo. E gli spiace davvero che alcuni abitanti della nostra bella penisola non conoscano e non apprezzino la storia, le virtù e i preziosismi di questo antico, mai fuori moda “brand”. La napoletanità.
Vecchioni
ricorda che il regno di Napoli è stato il primo e il più prestigioso d’Italia.
E che i re, che venivano in questa terra, decidevano di scordarsi della loro lingua per mettersi a parlare napoletano. Perché il dialetto campano era ed è irresistibile.
E’ stata la
canzone partenopea a riconciliare il popolo con la borghesia. Ad ispirare
l’Opera. A far conoscere al mondo quel magico tratto distintivo che è la
napoletanità. Quell’arte speciale di creare. Di inventare ed inventarsi. Riciclare e riciclarsi. Quello speciale modus vivendi che ti porta a saper ridere e piangere di tutto. Camparsi la giornata. Quel
talento invidiabile dei grandi poeti e cantanti napoletani di raccontare i
sentimenti. Lo struggimento. L’amore che non passa.
Di quel
Salvatore Di Giacomo, a cui è dedicato il premio che ritirerà, Vecchioni intona:
“Era de maggio” .
“Era de
maggio e te cadéano ‘nzino,
a schiocche
a schiocche, li ccerase rosse …”.
Ah potere
evocativo delle parole!
Mi sembra di
sentirlo il profumo di queste “Schiocche di ccerase”.
Di vederle e
di non poter più distogliere lo sguardo per quanto son belle.
Il
Professore confessa che la sua canzone napoletana preferita è : “I’ te vurrìa
vasà”.
Che c’è
tanto di quel sentimento in: “I’ te vurrìa vasà/ma ‘o core nun mm’ ‘ o ddice/ ‘e te scetà …/I’ mme vurrìa addurmì/I mme
vurrìa addurmi/vicino o sciato tujo/n’ora pur’ i’…” , che non serve cercare
altre parole per dire quanto bene possa passare tra due persone.
Sotto questo
palco appoggiato alle stelle, la canzone invece che più di tutte è entrata nel
cuore mio è: “Voce ‘e notte”.
Oltre ai
versi, sorprendenti e potenti, è la storia di questa composizione che mi fa
emozionare.
Edoardo
Nicolardi era un poeta. Uno che campava di parole. E si innamorò della sua
giovane vicina di casa, Anna Rossi. Come si flirtava a quei tempi? Come si
consumava un corteggiamento nei primi anni del Novecento? Beh, con gli sguardi.
Bastava “ na
guardata”. Che saziasse il cuore nell’attesa di un altro, furtivo incontro.
Con poche,
semplici frasi di cortesia. Mentre si sarebbero volute trovare le parole più
belle mai inventate, per dirsi amore e voglia di stare assieme. E invece “tutt’e
duje, scurnuse,nce parlàvamo cu ‘o vvuje”. Poi però Edoardo si spogliò di quei
panni “scurnusi” e andò a parlare con Gennaro, padre di Anna, per chiederla in
sposa. Costui era un freddo calcolatore a cui poco importava dei sentimenti di
sua figlia. Gennaro Rossi era un ricco commerciante di cavalli. E avrebbe accolto
come genero solo il pretendente che si fosse presentato a lui con una cospicua
dote. Così mise subito alla porta il povero Edoardo e si affrettò a trovare un
buon partito per sua figlia. Nel giro di due mesi, la piccola Anna,
diciott’anni e un cuore puro, si ritrovò sposata con un uomo di settantacinque
anni.
Siete mai
stati ad aspettare sotto la finestra della persona amata? A vedere se si
affaccia? Io sì. Nicolardi sì. E non lo so se ci vai solo per
trovarti nello stesso posto in cui batte il cuore dell'amato o con la speranza
segreta di vederlo comparire, quel volto che conosci a memoria, da dietro le lastre di casa sua, come una
visione. Edoardo ci va tutte le notti sotto la finestra di Anna. Ed una volta
davvero gli pare di scorgere l'ombra della donna. Va al Caffè Gambrinus, che
affaccia su piazza del Plebiscito, e
scrive di getto i versi struggenti di “Voce ‘e notte”.
“Si ‘sta
voce te canta dint’ ‘o core
Chello can
un te cerco e nun te dico;
tutt’ ‘o
turmiento ‘e nu luntano ammore,
tutto
ll’ammore ‘e nu turmiento antico …”.
Gli amori
impossibili fanno tremare. E non ci si può rassegnare. Cacciarli dal cuore.
Continuare a vivere come se niente fosse.
La storia di
Edoardo ed Anna ha un gran bel finale. Dopo due anni di matrimonio, Pompeo
Corbera, lo sposo un po’ attempato di Anna, muore. Edoardo la chiede nuovamente
in moglie. Stavolta Anna è vedova. Non ha più bisogno del permesso di suo padre
per sposare il tenero poeta. Le loro vite si intrecceranno profondamente.
Nasceranno ben otto figli da questa unione. Solo la morte li separerà, un po’.
Quindi
l’amore vince sempre? E chi lo sa. Certo, Nicolardi, quella notte che tirò
fuori dal suo cuore sofferente lo splendore di “Voce ‘e notte”, non immaginava mica che stava dando vita ad una delle più belle canzoni napoletane mai scritte.
Così come non sapeva che sarebbero passate quelle notti di struggimento sotto
la finestra della donna amata. Che ce ne sarebbero state altre, di abbracci
caldi e mai sazi. Forse, visto che poi quell’amore impossibile divenne reale,
dovremmo ringraziare quel padre avido, che opponendosi all’amore di un giovanotto squattrinato, gli mise in petto
questo bellissimo madrigale.
Durante la serata,
a Vecchioni viene regalata una maglietta. E lui, senza scomporsi un solo istante,
si toglie quella che indossa e mette su questa T-shirt con la faccia bella di
Massimo Troisi. Questo sì che è un vero, carnale, gesto di napoletanità.
Accompagnato
dalla chitarra di Massimo Germini, il cantautore meneghino fa dono alla folla
accorsa ad acclamarlo, di alcune delle sue più belle canzoni. Proprio quelle
che gli chiede il pubblico. Urlando il titolo di brani antichi mai dimenticati.
Come “Figlia” . O “Luci a San Siro”. Mettendogli una richiesta direttamente in
mano. Dentro ad un biglietto stropicciato. Scritto da qualcuno che vuole
emozionarsi sulle note di “Celia de la Cerna”. E lui, il Professore, mica si
sottrae. Si dà. Improvvisa. Da vero napoletano.
A Gianni
Simioli, conduttore radiofonico, il
compito di tenere assieme tanto entusiasmo.
Ed è proprio
lui a chiedere che tutte le luci del palco vengano spente per un minuto.
Per tirare
su gli occhi e guardare le stelle. Siamo ad agosto. Potremmo vederne qualcuna
cadere.
E pure se non succedesse, pure se in questo lunghissimo,
delizioso minuto restassero tutte lì, attaccate strepitosamente al cielo, tutta
la bellezza che c’è quassù, avrà comunque riconciliato col mondo tutti i
fortunati presenti.
Amo Napoli, i napoletani, i babba' ( come li chiamano, con due b), a pizza e le belle canzoni. Mentre leggevo questo tuo scritto, ho cantato. Come non emozionarsi con la struggente: Io te vurria vasa....Grande Giovanna!
RispondiEliminaCara Rosa, queste canzoni sono per chi sa emozionarsi.
EliminaPer persone dal cuore sempre innamorato e teso al bello.
Perfette quindi per te!
Grazieeeee. Ti abbraccio, giò ♥
Bella battaglia tra "voce e' notte" e "je te vurrìa vasá" poi in una serata dove si ricorda anche "ossaje comme fa o' core" tutto il resto arriva al traguardo almeno doppiato....
RispondiEliminaGrazie Gio di regalarci queste emozioni.
Grazie
Max e Anto
Cari Antonella e Massimo (come non emozionarsi immaginando il compare che scrive per me!), sì, una battaglia tostissima. L'hanno vinta la musica. Le stelle. E il provolone di Agerola che in quanto a poesia nn è inferiore alle prime due citate ;-)
EliminaUn abbraccio, vs piccola giò.
Cara Giovanna, di Roberto Vecchioni io ho nel cuore Chiamalo solo amore, con quella sua strofa: "questa notte buia dovrà pur finire". Ecco, era una notte buia, e un po' è finita davvero. Grazie del tuo scritto!
RispondiEliminaCara Monica,
RispondiEliminanon so a te, ma a me, una volta che passano, le notti buie sembrano sempre meno buie nei ricordi. Mi sforzo, mi concentro per recuperarne l'intensità (non so perchè lo faccio, forse perché è "roba mia"), niente. È tutto diluito. E forse, per fortuna, è la potenza della vita. Più grande di noi. Della canzone che hai citato, io adoro una frase:"perché le idee sono come stelle che non le spengono i temporali...". E io ci credo. Dio mio, se ci credo.
Grazie di avermi letta. Ti abbraccio, Giovanna :-)
Settimana prossima anch'io pubblichero' articolo, foto e qualche video della serata indimenticabile di Vecchioni a Sanremo. Ha emozionato con i suoi ricordi personali, la sua cultura e 4 canzoni meravigliose. Ha raccontato un libro mai scritto
RispondiEliminaPoesia♡
RispondiEliminaTutta la bellezza che c 'è lassù ha riconciliato anche le nostre belle spalluzzelle congelate in un abbraccio forte forte.
Mia cara Do, davvero, che magica serata, lassù!
EliminaChe bello il percorso in quella galleria che ci riportò indietro nel tempo, a quando eravamo solo delle ragazzine che si affacciavano sul mondo ...
Mia cara Do, davvero, che magica serata, lassù!
EliminaChe bello il percorso in quella galleria che ci riportò indietro nel tempo, a quando eravamo solo delle ragazzine che si affacciavano sul mondo ...