lunedì 25 ottobre 2021


 

Renato Zero, di Giovanna Sica, articolo pubblicato sulla rivista Confidenze, Stile Italia Edizioni, n.41 28 settembre 2021

 

“Mi presento così/ Così come mi vedi/ Spoglio di vanità/ Non nascondo segreti/ Io mi adatto se vuoi/ Quando si parla d’amore/ Io do il meglio di me/ Io mi faccio apprezzare”, L’amore sublime.

Che tu ti sia fatto apprezzare, caro Renato, non ci sono dubbi, e nemmeno che abbia indossato tante vite. Però, adesso, come faccio io a stringerti in due fogli? Proprio non ci stai, con le tue 500 canzoni, con il tuo carrozzone di inquietudine, sogni, travestimenti e trucchi. Con tutte le volte che sei stato il primo a fare la rivoluzione in questo Paese, a fermare il tempo e a ripartire…da Zero.

E allora ti racconterò per lampi e sgraffi, attraverso le cose che so di te che più hanno contribuito, secondo me, a fare di Renato Zero una leggenda vivente.

So che fra un po’, il 30 settembre, è il tuo compleanno, che nasci a Roma nel 1950, figlio di Domenico e Ada, e che, piccino piccino, a causa dell’anemia emolitica neonatale, per curarti ti cambiano tutto il sangue che hai nelle vene. So che frequenti fino al terzo anno l’Istituto di Stato per la cinematografia e la televisione Roberto Rossellini, ma poi lasci perché bruci dal desiderio di esibirti su un palco. Adolescente inizi a travestirti per esibirti nei locali romani, e per tutta risposta agli odiatori, che purtroppo son sempre esistiti, che ti dicono che sei uno zero, tu decidi che quel numero cardinale diventerà la tua cifra, che in quel cerchio si uniranno a te tutti quelli che sentono la tua stessa solitudine, l’inquietudine di vivere. Al Piper s’accorge di te Don Lurio e ti mette a ballare con i Collettoni per Rita Pavone; in quel gruppo incontri Loredana Bertè e grazie a lei diventi amico anche di sua sorella Mimì (Mia Martini). Tutti e tre girate la Penisola a bordo di una Seicento; giovani, folli, senza una lira in tasca e con tanta voglia di cantare. So che agli esordi della tua carriera siete tu e Orazio, il tuo furgone celeste; fai tutto da solo. Una volta, a Tortoreto Lido, quando la proprietaria del locale in cui devi cantare ti chiede dov’è Renato Zero tu menti spudoratamente: “È in albergo, sta riposando”.  

Il tuo primo album in studio, No! Mamma,no! è del 1973 e che la tua Madame, tre anni più tardi, è il primo pezzo dance italiano, è Vasco a lanciarla da Punto Radio, dalla sua Zocca.

“Quante volte ho guardato al cielo? / Ma il mio destino è cieco e non lo sa/ E non c’è pietà / Per chi non prega e si convincerà/ Che non è solo una macchia scura/ Il cielo” Il cielo. È il 1977 e tu con Zerofobia, quarto album in studio, ottieni un successo enorme. So che tuo papà muore nel 1980 e tu gli dedichi Tregua, e che nella sua ultima notte terrena ti racconta la sua vita, e tu accogli le sue parole come un dono immenso: entrare in confidenza con lui all’ultimo confine, anche se lui, secondo te, è già dall’altra parte, e ricorda la sua vita terrena con i suoi cari appena ritrovati, però in quell’estremo abbraccio fra la vita e la morte vuole te.

Il primo dicembre del 1981 tiri fuori Artide e Antartide, è il disco più venduto dell’anno e contiene canzoni di denuncia sociale. L’anno dopo nell’album Via Tagliamento 1965-1970 c’è una canzone, Contagio, che anticipa di quasi 40 anni un futuro distopico … “Che nessuno esca dalla città/ Guai a chi s’azzarda a guardare laggiù/ Oltre quel muro, oltre il futuro/ L’epidemia che si spande/ L’isolamento è un dovere oramai/ Dare la mano è vietato, se mai/ Soltanto un dito e l’errore sarà punito”. A metà degli Anni ’80 metti via costumi e colori eccentrici e cominci a vestirti di nero. Con Spalle al muro, 1991, Festival di Sanremo, ricevi la standing ovation del pubblico e ti classifichi secondo. L’anno dopo inizi a occuparti del tuo grande sogno, Fonòpoli, un’associazione culturale che promuove l’occupazione dei giovani nel mondo dell’arte e dello spettacolo, una cittadella della musica. “Tutti vogliono tutto per poi accorgersi che è niente/ Noi non faremo come l’altra gente/ Questi sono e resteranno per sempre…” I migliori anni della nostra vita, una delle tue canzoni di maggior successo è del 1995, che poi è l’anno che si porta via l’amica Mimì; so che tu appena apprendi la notizia della sua morte telefoni a Loredana e le dici di non accendere la tivù e corri subito da lei.  “Dov’è Mimì/ Dagli enormi cappelli/ Che folli giorni quelli/È ancora lì/ Che suona il suo piano/ Il canto suo/Perfetto richiamo”, La grande assente.

 Il tuo album che ho più a cuore è Amore dopo amore (1998) perché contiene le tue due canzoni che preferisco: Mi ameresti (Mi ameresti. Non provarci perderesti/ Da una vita stravissuta che ti aspetti/ Noi non siamo tutti uguali/ Ma l’amore non lo sa/ E fa danni devastanti ovunque va) e Dimmi chi dorme accanto a me (Amori brevi amori insoddisfatti/ Spero che non vi rivivrò mai più/ Ma non c’è amore che non ha difetti…/ Dove sei, dove sei, dove sei!). Quando parli di amori spezzati raggiungi un’intensità che è solo tua, lo struggimento di chi sa di cosa sta parlando. Nel 2003 adotti legalmente Roberto e gli dedichi Figlio. So che sei il primo in Italia a pubblicare un disco senza affidarsi a nessuna casa discografica per la distribuzione; l’album è Presente, l’anno è il 2009.

Zerolandia, Zerofobia, EroZero, Identikit Zero, Zero, Sei Zero, Zerovskij, Zero il folle…torna sempre nella tua carriera il numero da cui sei partito, diventa un’ossessione, una forma di riscatto collettivo, la ribellione tua e della tua gente, di Tutti gli zeri del mondo (titolo di un tuo programma televisivo del 2000).

Fra settembre e novembre 2020 esce il tuo ultimo lavoro, ZeroSettanta, un triplo regalo che fai a te stesso e ai tuoi fan per i tuoi settant’anni. Di queste 39 bellissime canzoni le mie preferite sono L’amore sublime e La carezza, dedicata a Ada e Virginia, le tue nipoti.  Sul secondo cd della trilogia scrivi: “Eccolo, lo Zero che ho scelto di essere. Sfrontato e sensibile. Scrupoloso e sognatore. Ruvido per difetto. Accomodante per eccesso. Quante volte sono stato Zero e quante altre Renato? Chi può dirlo? Posso però affermare con certezza che in due, ne hanno combinate di tutti i colori, “Insieme”. E di questi tempi festeggiano le loro nozze d’oro. Ce l’hanno fatta a rimanere saldi e propositivi… non si lasceranno più”. Signor Fiacchini (cognome all’anagrafe di Renato Zero), io so, anzi, sento che tu sei stato profondamente vero, sia nei panni di Renato che in quelli di Zero, e che con te questo numero ha cambiato faccia, per sempre.










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