Famiglia Principe
Questa è la storia di Enzo e Rosanna Principe, scritta da Giovanna Sica e pubblicata sul settimanale Confidenze circa 10 anni fa.
Enzo: -Rosanna, oggi mi sento un po’ scarico. Sii gentile, fammi
un bel caffè. Non posso certo permettere che i nostri clienti mi trovino così
abbattuto! No, i clienti sono sacri, e quando vengono da noi, io voglio che
stiano bene. Solo grandi sorrisi. Lo sai, è da tanto tempo, ormai, che li
riconosco più dalla voce che con gli occhi. Ma a loro non glielo faccio mai
capire -
Rosanna: -Ecco il caffè. Però dopo vedi di dire due parole
ai ragazzi, prima che li prenda a padellate! Il primo sarà tuo figlio: sono
anni che gli dico di scrivere le ordinazioni più chiaramente, e sono anni che
da un orecchio gli entra e dall’altro gli esce. A volte, mi fanno innervosire
così tanto, tutti quanti, che vorrei togliermi il grembiule e andarmene…ma poi penso: “Dove vado
io, lontano dal ristorante?”-
Enzo: -Dai, non ti arrabbiare per così poco! Stanotte ho
sognato mio padre. Eravamo nella sua cantina. Quella specie di bettola dov’è
nata la nostra tradizione di ristoratori, negli anni Quaranta. Mio padre, cestaio
di professione, in certi periodi dell’anno metteva una frasca fuori alla
cantina e quell’era il segno che la bettola era aperta. Che aveva qualcosa da
offrire ai suoi clienti. Magari aveva lavorato il maiale o aveva preparato la
soffritta da mangiare col pane di grano duro. Nel sogno, mio padre e io avevamo
più o meno la stessa età. Eravamo seduti su un gradino. Lui, rompendo il
silenzio, mi ha chiesto: -Enzo, pensi ancora che ne valga la pena? -. Ma io mi
son svegliato e non ho fatto in tempo a capire di cosa stesse parlando. Secondo
te che voleva dirmi? -
Rosanna: -Che voleva dirti, Enzo! Era solo un sogno. Ti
ricordi quando venivi con tuo padre a fare l’erba per gli animali da zia
Antonietta? Tu eri impacciato, io manco alzavo mai gli occhi dai fiori. Ma lui,
tuo padre, Lorenzo Principe detto Peppe Pirulett’, mi scelse subito. Forse, prima che lo facessi tu. -Antonietta, dove la tenevi nascosta, questa bella
figliola? – domandò la prima volta che mi vide. Tre anni dopo eravamo già
sposati. Sei stato l’unico uomo della mia vita. All’epoca eri cameriere al
ristorante Europa. Lì festeggiammo pure il nostro matrimonio. Io mi
figuravo casalinga… E chi l’avrebbe mai detto, allora, che avrei passato
quarant’anni, qua, dentro la cucina di un ristorante? -
Enzo: -Io invece lo sapevo già a undici anni che sarei diventato
ristoratore. Quando cominciai a fare il garzone di ristorante, quello che oggi
viene chiamato apprendista, desiderai subito averne uno tutto mio. E così quando
i miei datori di lavoro mi proposero di prendere in gestione il ristorante Europa,
accettai subito, insieme a mio fratello-
Rosanna: -“Tutto tuo”, appunto. Ma allora io che
c’azzeccavo? Avevo vent’anni, un figlio da crescere e non avevo mai messo piede
fuori di casa. Ero terrorizzata! Ma tu mi volesti al tuo fianco. Non feci scuole
per cuochi, il mestiere me lo rubai con gli occhi, guardando tuo fratello. E
poi tutti i collaboratori che sono passati nella mia cucina. Perché tutti hanno
qualcosa da insegnare, anche l’ultimo arrivato-
Enzo: -In che anno prendemmo l’Europa? Era il 1973, vero? Ti
ricordi che acquario troneggiava in mezzo alla sala? I clienti potevano
sceglierseli vivi, i pesci. Preparavamo banchetti per matrimoni anche di
duecento persone. A pranzo riempivamo la sala tre volte. Erano gli anni Ottanta,
gli anni del benessere. Nella nostra clientela c’era di tutto, non ci facevamo
mancare niente: dal guappo di strada al politico, passando per gli imprenditori;
ma anche operai, impiegati, giornalisti, gente dello spettacolo-
Rosanna: -Gli anni correvano veloci. Quattro anni dopo il primogenito, Lorenzo, nacque Antonella. Forse, l’unico rimpianto che ho è proprio quello di
aver goduto poco dei ragazzi, quando erano piccoli. Per il resto, non possiamo
lamentarci: facevamo meravigliose vacanze a Ischia, week-end (che per chi fa
questo mestiere non sono il sabato e la domenica ma il lunedì e il martedì!) in
giro per l’Italia. Quando Antonella tira fuori le foto dei nostri viaggi, dice
sempre ridendo: ”Mamma, però si vede proprio che ero una bambina ricca!”-
Enzo:
-Poi sono arrivati i tempi duri. Il sogno dell’Europa svanì per noi nel 1993. Si
era conclusa un’epoca. Si era messa la parola fine a un sodalizio. I ragazzi
che, fino ad allora avevano avuto giorni spensierati, capirono subito che la
nostra vita non sarebbe stata mai più la stessa. Riprendemmo a lavorare, inventandoci un piccolo club. Tuo padre e tua madre ci portavano le verdure che
coltivavano nella loro terra, pur di farci andare avanti. Ci hanno sempre
aiutato tanto. Che dici, li avremo ringraziati abbastanza? -
Rosanna:
-Enzo, ma che vai a pensare stamattina! Ti pare che mio padre e mia madre
volevano esser ringraziati? Loro volevano solo saperci felici-
Enzo:
-E pensare che per i nostri figli non volevamo questa vita così sacrificata -
Rosanna- Forse è così che doveva andare. In fondo, fu Lorenzo
che decise che non era finita. Io, quel giorno, non lo potrò mai dimenticare. È
stato il giorno in cui nostro figlio è diventato grande. Rinchiuse in uno
sgabuzzino la batteria, l’aeronautica e tutti i suoi sogni. Li mise via senza
pensarci un attimo e si rimboccò le maniche assieme a sua sorella. L’hanno
fatto per te. L’hanno fatto per amore-
Enzo: -Credi che non lo sappia? Spero solo sappiano quanto
gli sono grato. Non so se gliel’ho mai detto -
Rosanna: -Enzo, ma che diavolo ti è preso oggi che vuoi
ringraziare tutti? Scusa se te lo dico, ma stai proprio invecchiando! -
Enzo: -Forse è come dici tu. Sono già diciassette anni che siamo
quassù, fra le braccia dei monti Lattari. Qui è nata la nostra seconda figlia
femmina: Luna Galante. Ma non mi sento arrivato, questo è un
mestiere in cui non si arriva mai al traguardo. Siamo passati per mille mode e
tendenze e poi siamo tornati alla tradizione. Mi manca la vetrina del pesce sempre
piena. E persino le nostre leggendarie litigate perché ne compravo sempre
troppo! -
Rosanna: - La vetrina del pesce non la nominare nemmeno, ché
tengo ancora la padella in mano! Ne compravi talmente tanto che era impossibile
venderlo tutto e dovevamo mangiarcelo noi, per tre giorni di fila, e alla fine
non era più nemmeno così fresco-
Enzo: - Mi sembra ancora di sentire le urla! Però che bello
che i piatti della nostra tradizione siano tornati in voga nella versione classica, dopo tutte le possibili rivisitazioni-
Rosanna: -Perché anche la cucina fa i suoi giri. E un piatto
che fino a un anno prima era richiestissimo, all’improvviso, non lo vuole più
nessuno. Solo il nostro Scarpariello alla Principe non è mai diventato vintage!
I nostri clienti sono trent’anni che lo mangiano e non si sono mica saziati! A
noi rimane la soddisfazione di esser stati tra i primi ad aver fatto il sugo
con i corbarini, i pomodorini di Corbara, e un pizzico di peperoncino. Semplice, ma inimitabile -
Enzo: -Ho imparato, in questi anni, a capire le persone da
quello che mangiano. So quando sono qui per festeggiare e non vogliono badare a
spese. So quando sono qui per porre fine a un amore, allora resto al loro
tavolo meno possibile, perché hanno bisogno di star soli. So quando sono padri
separati che vedono i figli nel fine settimana. So quando sono marito e
moglie e so pure quando invece sono amanti. A volte, uno stesso cliente può
venire con la moglie e poi, come se niente fosse, anche con l’amante, nella
stessa settimana! Io non batto mai ciglio. Lorena te la ricordi? -
Rosanna: -Veniva spesso con uomini diversi –
Enzo: -“Enzo, ma non mi riconoscete mai!” esclamò una volta.
Allora io le risposi: “Lorena cara, io so che stai entrando nel mio ristorante già
solo dalla tua inconfondibile risata che
riempie le scale. Ma non posso sapere se il tuo accompagnatore sa che qui ci
sei già stata. Se tu vuoi ci conosciamo, sennò è sempre la prima volta che ci
vediamo!” Lei capì. Annuì. Ringraziò con un sospiro. Il mio compito non è quello di assolvere o condannare i nostri clienti, per quello ci sono i preti. A me interessa solo che qui, in casa nostra, stiano
bene. Se vogliono “confessarsi”, io li sto pure a sentire, ma deve essere un
loro desiderio e mai una mia curiosità. Come quella volta che Agnese fu
lasciata dal fidanzato con un bigliettino -
Rosanna:
-Meno male che i clienti vengono a confessarsi da te. A me bastano i problemi
dei miei ragazzi, quelli che lavorano con noi. Tu hai sempre detto che me li
adotto tutti. Ma a volte sono gli eventi che me lo impongono. Perchè, magari,
una mamma a casa non ce ’hanno. Perchè, a volte, c’hanno moglie e figli già a
vent’anni, e non sanno nemmeno loro come sia successo -
Enzo:
-Tu non solo decidi di adottarli tutti, ma poi pretendi pure che io gli faccia da padre putativo! Da quando in sala abbiamo Giovannino, il nostro gigante
buono, non ci sono uova che bastino: finiscono tutte nella sua carbonara. A noi
fai i piatti e a lui lasci direttamente la padella! -
Rosanna:
-Alfonso invece ama i fusilli coi porcini. Ma devono essere quelli buoni! E se
li merita, eccome! Dovessi andare io stessa a raccoglierli in montagna. Ma ti
rendi conto che pazienza che c’ha quel ragazzo con nostro figlio, che gli fa
smontare e rimontare il ristorante un giorno sì e l’altro pure? -
Enzo:
- Però confessalo: Agostino detto Agostinelli è il tuo preferito -
Rosanna:
-Agostino è come un figlio. È in cucina con me da ben 14 anni, e ne ha solo 28.Ti
ricordi che, quand’era più piccolo, dormiva nel lettino affianco al nostro? Soprattutto
d’estate, quando si finiva tardissimo la sera, lui preferiva dormire con noi. Come
un figlio, appunto. Adesso ha smesso, s’è fatto grande. E poi c’ha sta’ bella
fidanzata che lo aspetta!-
Enzo: -Però anche tu stai invecchiando. Non mi hai ancora detto
se ti ricordi di Agnese e Stefano -
Rosanna: -Ma se mi sembra ieri che li vidi scambiarsi il
primo bacio nel nostro parcheggio! Erano così belli assieme che facevano bene
agli occhi. Poi qualcosa cambiò. Era come se continuassero a venire qui più per
rassicurarsi che tutto andava bene, che per il piacere di passare la serata
assieme -
Enzo: - A tavola non parlavano più. Non si guardavano
nemmeno. Ognuno restava dalla sua parte. Non c’erano più le loro mani strette
sul tavolo. Mangiavano in fretta e scappavano via, subito dopo. E poi, quell’ultima
sera che vennero insieme, Stefano scappò via da solo. Era estate, stavano
cenando sul terrazzo piccolo. Agnese salì le scale per andare al bagno al piano
di sopra e lui le lasciò un bigliettino sul tavolo e se ne andò. Quando la vidi
piangere, da sola, col bigliettino in mano, non sapevo che fare. Poi fu lei a
togliermi dall’imbarazzo. Mi invitò a sedermi un attimo, che poi divenne un’ora
e mezza in cui Agnese tirò fuori tutto quello che avrebbe voluto dire a Stefano,
ma non ne aveva avuto il tempo. O forse il coraggio. La consolai. Trovai le
parole giuste, quelle che avrei detto a nostra figlia -
Rosanna: -E poi ci toccò pure di riaccompagnarla a casa! Dopo
quanto tempo tornò? -
Enzo: -Circa un anno dopo. Raggiante con un altro fidanzato.
E deve esser stato proprio quello giusto, se poi si sono sposati, e quando
vengono, adesso, c’hanno pure due ingombranti passeggini con loro! Stefano invece
non s’è più visto -
Rosanna: -A volte, quando la sera mi metto a letto mi chiedo
dove l’ho trovata la forza che mi è servita, in questi quarant’anni. Pensavo di
fare la casalinga e poi mi sono ritrovata a gestire un ristorante, i figli, i
dipendenti. I clienti che vengono in cucina a salutarmi e vogliono sentire una
delle mie battute. Io cerco di non deluderli mai, anche quando ho altre cose
per la testa e mi andrebbe di starmene un po’ da sola. E non sempre in piazza,
sempre sul carrozzone del circo. Ma questo è il prezzo da pagare: questa vita
vissuta così tanto mi ha dato e tanto mi ha tolto. Chissà se Antonella deciderà
di percorrere la mia stessa strada, adesso che pure lei è mamma e sta iniziando
a capire qual è il prezzo da pagare. Io che posso dirle? Continua? Scappa più
lontano che puoi fin che se in tempo? Io credo che lei abbia già scelto la sua strada, forse l’unica
possibile, anche se non è vero che si sceglie sempre. A volte la vita ti porta
dove decide lei -
Enzo:
- Hai ragione, Rosa, tanto ci ha dato, questa vita vissuta così, e tanto c’ha
tolto -
Rosanna:
-Sì, Enzo, però non pensarci proprio a ringraziare pure me, che con me non te
la cavi con così poco! -
Enzo:
- Lo so. A te devo fare una statua d’oro giù nel parcheggio. Ci farò scrivere
sotto: “Alla mia donna grande...in tutti i sensi!” -
Rosanna:
-Vedo che la voglia di sfottere però non ti è passata mica! -
Enzo:
-No, per fortuna. Che ne dici della nostra ultima sfida?-
Rosanna:
- “Nu’ murzill’ “? Dico che tu e tuo figlio c’avete “la capa fresca”! -
Enzo:
- No, perché? Nu’ murzill’ è il passato che ritorna. Il boccone dell’amore,
quello che una volta le mamme si toglievano di bocca per darlo ai figli. E
forse con l’austerità di questi anni, sarà ancora così -
Rosanna:
- Sì, bello assai, quasi mi commuovo. Però sono io che ogni santo giorno devo
preparare un piatto tipico con prodotti della nostra terra. Piatti semplici,
come la frittata di maccheroni con la sugna o la minestra maritata, ma che richiedono
tempo e cura-
Enzo:
-Ma servirà per tenerci stretti i sapori della domenica della nostra infanzia. Lo
sai che Lorenzo non ci dorme la notte per queste cose -
Rosanna:
-Guarda che quello non dorme perchè c’ha Vincenzo di cinque anni, Ernesto di otto
mesi e la moglie di nuovo incinta. Ah, sembra proprio che stavolta Annamaria
aspetti una femmina!
Enzo:
-Speriamo, sennò la vedo proprio messa male con tre figli maschi più il marito!
-
Rosanna:
- Caro Enzo, non so da dove è arrivata stamattina tutta questa nostalgia del
passato. Forse davvero ci stiamo facendo vecchi. Sappi solo che tornassi
indietro io rifarei tutto. Lo rifarei per te, perché so che sei felice di
questa vita che sta passando fra le mura del nostro ristorante, nonostante gli
affanni. Dai, ora vatti a riposare un po’, chè stanotte hai dormito poco e male
-.
Rosanna
torna in cucina, chè li c’ha sempre i rosari delle verdure che l’aspettano.
Enzo s’affaccia in sala, gli piace vederla preparata, coi bicchieri che
splendono sui tavoli e i fiori proprio al centro. E poi sente come un richiamo,
qualcosa lo spinge a voltarsi. Non gli si palesa suo padre, però sente la sua
presenza nell’atrio del ristorante. Allora gli dà la risposta che non aveva
fatto in tempo a dargli in sogno…
“Papà,
sì che ne è valsa la pena. Dovessi rinascere cento volte, cento volte rifarei
questo mestiere. Nonostante i pensieri, le preoccupazioni, gli affanni, questo
mestiere mi ha reso felice. L'ho portato avanti con passo leggero. Col sorriso. Se stanotte mi sei venuto in sogno e mi hai portato
nella tua cantina per mettere sulla tua vecchia bilancia le gioie e i dolori di
questi miei anni, ti dico subito che le prime sono state di più. Fra
soddisfazioni e delusioni, le prime hanno avuto la meglio. Ti posso dire, papà, con
tanta umiltà, che anche se non sono diventato ricco, ho lasciato un segno nella
ristorazione. Ho creato un precedente: rimango il figlio del cestaio, ma sono
anche Enzo Principe, il padre del linguino alla Principe. Stappo una bottiglia
di vino e brindo a te. Alla famiglia Principe e alla vita in sé” e poi,
sorridendo, si mette in testa il cappello da regista che tanto gli piace, e se ne va su, a riposarsi.
Giovanna Sica
Un bellissimo racconto di persone semplici e con modi nobili ,hanno fatto la storia con il loro ristorante ,perché la storia si può scrivere solo se in tutto ciò che si fa si fa con l’amore ,a volte si ricerca ingrediente segreto o costoso per un piatto di tendenza ,senza sapere che uno solo può fare la differenza:l’amore
RispondiEliminaGrazie della sua testimonianza, sono d' accordo con lei, l' amore è l' ingrediente segreto ed Enzo (come pure sua moglie e i suoi figli) lo metteva in tutto ciò che faceva...
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