sabato 5 marzo 2022

 





Lucio Dalla, “Il profeta bambino”

di Giovanna Sica, articolo pubblicato su Confidenze, Stile Italia Edizioni, n.16 – 6 aprile 2021

 

 

Quando sei nato lo sa tutto il mondo: 4/3/1943 è il titolo della tua canzone forse più famosa, e io sono sempre stata tanto fiera di condividere con te il giorno del mio compleanno.

La prima volte che sali su un palco hai tre anni. A sette, sei già orfano di padre. Mamma Iole, modista bolognese, è una presenza forte e contraddittoria. La scuola non fa per te, sei troppo irrequieto. A 10 anni ti regalano il clarinetto, un lustro dopo sei già un jazzista. Ti esibisci nei locali e all’uscita ti metti a parlare con barboni e prostitute. Sei affamato di facce, non dormi mai. Nel 1960, con la Rheno Dixieland Band parteci al Primo Festival europeo del Jazz e lo vinci. Gino Paoli, conosciuto al Cantagiro 1963, intuisce il tuo genio e ti propone per Sanremo, tre anni dopo. Presenti una canzone originale Pafff…Bum ma troppo avanti per i tempi.

Brani e sentimento

Sei



al Festival anche l’anno successivo, con un testo che si rivelerà beffardo. Luigi Tenco si toglie la vita durante quella edizione; spudoratamente la gara continua e tu intoni Bisogna saper perdere. S’affaccia il ’68 col suo carico rivoluzionario; gli altri artisti prendono posizioni politiche, tu no. “Sono uno che canta come sente” dichiari. E sei anche un uomo di fede; Padre Pio, conosciuto da bambino giù in Puglia, è una figura di riferimento. È in questo periodo che incontri il giovane Rosalino Cellammare, che poi diventerà per tutti Ron. Prendi casa alle isole Tremiti e lì componi la musica per Gesubambino, su testo immaginifico di Paola Pallottino, illustratrice e poetessa. “Dice che era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare/ Parlava un’altra lingua, però sapeva amare”. Partono le trattative con la Rai per portarlo a Sanremo: vengono censurati il titolo e due strofe. Con 4/3/1963 conquisti il terzo posto e il grande pubblico. Segue l’album Storie di casa mia in cui emerge il brano squassante, ancora di Paola, Il gigante e la bambina. Torni all’Ariston nel 1972 con Piazza Grande, un pezzo meraviglioso, ma guadagni solo l’ottavo posto. Hai trent’anni quando ti presentano il poeta Roberto Roversi. Lui scrive i versi per il disco Il giorno aveva cinque teste, tu le musiche. Canti i danni dello smog. Gli emigranti e gli operai che muoiono sul lavoro. Il disco vende pochissimo, ma tu ti sei sorpassato ancora una volta: ti importa scuotere le coscienze. Seguono altri due album con Roversi, Anidride solforosa e Automobili, una trilogia di grande valore artistico. Poi finisce l’intesa anche col poeta. Hai suonato il jazz, cantato brani scemi, popolari e impegnati. Hanno scritto per te parolieri (Bardotti e Baldazzi) e poeti. E adesso, che ti inventi, Lucio? È il momento di cantare le tue emozioni, le tue visioni.

Talento visionario

Riparti dallo scippo di tuo padre per arrivare alla violenza che esercitano i potenti sui deboli. “È inutile, non c’è più lavoro/ Non c’è più decoro/ Dio o chi per lui/ Sta cercando di dividerci/ Di farci del male /Di farci annegare”, Com’è profondo il mare, da cui prende il nome il tuo primo disco da cantautore, è l’anno 1977. Due anni dopo esce “Lucio Dalla” ed è un successo senza precedenti. “Si esce poco la sera, compreso quando è festa/ E c’è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra/ E si sta senza parlare per intere settimane/ E a quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane”, L’anno che verrà. 42 anni dopo fanno tremare queste tue strofe profetiche. Arriva il momento di un tour indimenticabile con Francesco De Gregori, Banana Republic. E poi l’estate dell’80; sei a Roma e vederla finalmente a festa, ubriaca di gente, ti fa mettere al pianoforte e tirare fuori: “Si muove la città/ Con le piazze e i giardini e la gente nei bar/ Galleggia e se ne va/ Anche senza corrente camminerà”. Prendi una serata come tante e la fai diventare La sera dei miracoli; in questa ballata visionaria Roma se la porta via il mare. Il terzo album tutto tuo, lo chiami semplicemente Dalla e dentro ci troviamo le tue canzoni più belle di sempre. Balla balla ballerino. Cara. Futura, scritta su una panchina su cui ti siedi a guardare il Muro di Berlino. Immagini due fidanzati divisi da quello sbarramento di cemento armato; non hanno paura del futuro, tanto è vero che fanno l’amore e pensano a un figlio, una femmina, a cui vogliono dare un nome che è una dichiarazione d’intenti. Sei consapevole di avere fantasia, talento e voglia di libertà. Viaggi organizzati esce nel 1984 con la tua casa discografica, la Pressing; è un album in cui si sente l’influenza della musica dance e della tua curiosità per il mondo telematico. L’anno dopo fai un disco a cui dai un titolo che la sa lunga: Bugie. Tu che da sempre infarcisci la vita di frottole, decidi, col candore di un bambino, di sbugiardarti. E poi succede che Catarro, la tua barca, va in avaria vicino a Sorrento e tu chiedi ospitalità al Grand Hotel Excelsior Vittoria. Vuoi vedere la suite di Caruso, e una volta lì dentro ci vuoi restare. A cena ti raccontano la leggenda del grande tenore che, anche se convalescente, ogni sera, al tramonto, si faceva portare il pianoforte in terrazza e riempiva l’aria con la sua voce magnifica, con il suo canto era per una donna di cui si era innamorato. Lo immagini struggersi e finire i suoi giorni onorando la vita, “Ma quando vide la luna uscire da una nuvola/ gli sembrò più dolce anche la morte”. Caruso è un successo mondiale.

Il 4 luglio del 1988 parte un tour magico con l’amico Morandi: l’elfo delle favole e il ragazzo senza età finalmente insieme. A settembre del 1990 esci con Cambio. Con Attenti al lupo ancora una volta spiazzi tutti, ma adesso lo fai con disinvoltura: non devi più dimostrare niente, puoi permetterti di giocare, e poi di colpo tornare serio, e così fai con Henna, l’album successivo. Hai intuizioni che assecondano i tuoi frenetici mutamenti di pelle, accade anche in Canzoni. Saluti il Novecento con Ciao e inauguri il nuovo millennio con uno show televisivo, in prima serata su Rai Uno, con Sabrina Ferilli, La bella e la Besthia, e un musical: Tosca: amore disperato. Sei avido di novità, di sorpassi. Sei sempre circondato da amici. Sei Domenico Sputo, il tuo alter ego che suona il sax nelle canzoni degli artisti scoperti da te, come Luca Carboni e Samuele Bersani. Sei un maghetto e forse non ti fermi mai perché lo senti che non avrai una vita lunga. Raggiungi il Cielo il primo marzo 2012. Ed è lì che mi piace immaginarti, a guardare da questa parte col solito lampo negli occhi e la tua perenne curiosità. Mentre ci dici, come hai scritto: “È da quello squarcio di cielo e di cuore che vi ascolterò anche quando nessuno mi vorrà ascoltare… É da lì in alto, fino a quando ci sarà una finestra, che il mio cuore continuerà a cantare la vita e la storia che la prende”.

 

 

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